Un po’ di giorni fa, su WhatsApp…
Igor: “Prof, come faccio a capire quando Dio mi manda un segno?”
Io: “Fosse facile! In genere è una capacità che si affina nel tempo. Si tratta di alzare le antenne verso gli eventi quotidiani e straordinari.”
Igor: “Ma potrebbe essere qualsiasi cosa?”
Io: “A Dio non manca certo la fantasia!”
Igor: “Oggi sto preparando le cose per il trasloco e sul mio balcone è arrivato un passerotto blu. Che significa?”
Io: “Beh, un passerotto blu è talmente bello che io lo prenderei come un bel segno beneaugurante!!”
Igor: “Figo…ma potrebbe essere meno generica? :D”
Fai una lezione sulle coincidenze, sui segni divini e subito, nella testa dei ragazzi, si muove un tornado di domande. Giusto così. Bello così!
Il problema è che loro, dopo le elucubrazioni filosofiche e teologiche, cercano le risposte concrete in relazione agli eventi della “loro” vita. Ma come faccio a dirgli che, nonostante i miei “anta” anni, ancora sto cercando di capir bene? Ancora sto provando a decodificare al meglio i messaggi di Dio?
D’altra parte proprio la settimana scorsa leggevo che anche Roberto Vecchioni, in un’intervista, ha detto: “Dio m’invia messaggi sempre più forti, ma alcuni neppure li capisco.” Aggiungendo anche “Ho la certezza che nulla è casuale e che tutto è causato, che l’inizio non può essere stato un semplice seppur grandissimo ‘bang’. Il fondamento della fede è che c’è una ragione.”
Anche io ne sono certa: per tutto c’è una ragione e niente è casuale.
Siamo tutti immersi in una grazia divina e l’amore ci circonda! Ogni nostro attimo di vita è sotto l’attenzione costante di Dio che ha dato una missione da compiere a ciascuno di noi, attrezzandoci con i doni giusti per portarla a termine.
Nel diamantificio di Dio, ci sono solo pezzi di carbonio originali ed insostituibili. Ognuno con il suo compito, per rendere il mondo ancora più luminoso, finendo la creazione che Dio ha iniziato.
Una passione che cresce dentro di noi; un incontro che facciamo; un’intuizione che ci balena nella mente…tutto è parte della sinfonia universale di cui noi facciamo parte.
L’attenzione a tutti quei segnali che ci circondano, ci indirizza verso il meglio per noi.
Siamo tutti connessi, tralci della stessa vite, immersi nel flusso della vita.
“Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui porta molto frutto perché senza di me non potete fare nulla. ”. (Gv 15)
Tutta la nostra storia è stracolma di segni e coincidenze che, come le stelle nel cielo per i magi, ci indicano la strada. Però dobbiamo capirli, interpretarli, perché ogni percorso è personalizzato. Ognuno di noi, infatti, anche se collegato l’un l’altro nella sinfonia cosmica, ha una missione personale da compiere.
Quello che arriva alla nostra attenzione è vero e buono principalmente per noi e sta sempre a noi captare il suo suono.
Per concretizzare quest’ultima mia affermazione, potrei scrivere milioni di storie, quanti sono gli umani passati su questa terra. Lo straordinario, infatti, è nelle storie delle persone comuni!
Basta vedere.
Basta ascoltare.
Dialogare con Dio continuamente è il segreto per vedere ed ascoltare.
“La preghiera costante ha valore non perché Dio ci ascolta, ma perché alla fine noi stessi lo ascoltiamo”, diceva lo storico William McGill.
Il modo più efficace di pregare allora, non consiste nel “dire le preghiere”, ma nell’aver fiducia nell’amore che Dio prova per noi, affidandogli il controllo della nostra esistenza.
Ad Igor vorrei raccontare tantissime storie, ma alla fine ne ho scelta una (realmente accaduta), tratta da un libro molto bello che lessi anni fa quando avevo bisogno di incoraggiamenti sulla presenza attiva di Dio nella mia vita (“Là dove avvengono i miracoli”).
Caro Igor, stasera ti manderò un messaggio su whatsApp.
Tieni presente questa frase del salmo 45 che ti scrivo qui sotto.
Provare per credere!
Dio è per noi rifugio e forza, aiuto sempre vicino nelle angosce. (Salmo 45)
“Quando aveva solo sette mesi Emily Weichman ebbe un colpo apoplettico. Si trattò di un episodio isolato, ma Emily rimase comunque una bambina molto delicata. Sua madre Marlene la teneva costantemente sotto controllo, temendo l’insorgere di altri problemi di salute. Anche membri della Chiesa frequentata dai Weichman, la St. Paul Lutheran di West Point, nel Nebraska, badava alla bambina. “Emily ha molti nonni adottivi, e tutti si preoccupano per lei”, raccontò in seguito Marlene.
Nel settembre del 1991 Marlene decise di accompagnare i genitori in visita ad alcuni parenti di Seattle, insieme a suo marito e alla piccola Emily, che all’epoca aveva cinque anni. Durante il viaggio di ritorno si fermarono al parco di Yellowstone, trascorrendo la notte nel campeggio.
Il mattino dopo Emily sembrava stordita e si addormentò non appena ripresero il viaggio, risvegliando si di colpo mentre stavano percorrendo una strada deserta del Wyoming.
“Mamma, sto male”, si lamentò. Marlene si girò a guardarla e vide che gli occhi della bambina erano offuscati, con lo sguardo che sembrava fisso a destra. Un attimo dopo la piccola si mise a vomitare.
Avevano appena oltrepassato un tratto di strada ricoperto di catrame fresco, e poteva darsi che i vapori penetranti avessero infastidito Emily. Il padre di Merlene fermò il furgone e a turno, nonni e genitori, fecero camminare avanti e indietro la bambina, per il momento sveglia è cosciente. Marlene, che era un’insegnante, aveva avuto studenti affetti da epilessia, e vedendo questi sintomi venne assalita da un terribile presentimento. “Papà” esclamò “Dobbiamo portare subito Emily in ospedale!”
La città più vicina a Rock Springs si trovava quasi a cento chilometri di distanza. Il padre di Marlene partì a gran velocità, mentre tutti iniziavano a pregare.
Quaranta chilometri, cinquanta… Il paesaggio sembrava sfrecciare intorno a loro, ma non abbastanza velocemente; le condizioni di Emily peggiorarono palesemente di minuto in minuto. I membri della famiglia continuavano a pregare. Quando scorsero in lontananza Rock Springs videro che la città era molto più grande di quanto avevano immaginato. Ci sarebbe stato sicuramente un ospedale, ma come avrebbero potuto trovarlo? Minuti preziosi sarebbero andati persi nella ricerca. Nel frattempo, Emily aveva perso conoscenza. “Signore, abbiamo bisogno di trovare subito un medico,” implorò Marlene tenendo stretta a sé la figlia.
Proprio mentre si stavano avvicinando all’autostrada, vivere un cartello blu con su scritta sopra una H bianca: nei paraggi c’era un ospedale! Poco dopo ne videro un altro, e un altro ancora… quattro cartelli indicarono la via da seguire.
Arrivati al pronto soccorso, il medico di turno diagnosticò una leggera crisi epilettica e, dopo un attento esame, prescrisse alcuni farmaci anticonvulsivi.
Solo più tardi, mentre Emily riposava tranquilla nella sua stanza, Marlene si rese conto del pericolo corso. “Se non fosse stato per quei cartelli che segnalavano l’ospedale, a quest’ora staremmo ancora girando per la città” disse al dottore.
Il medico la guardò stupito: “Quali cartelli?”
“Quelli che fiancheggiano la strada” spiego Marline. “Ci hanno letteralmente salvati, perché senza di loro non avremmo mai trovato l’ospedale!”
L’uomo era sempre più perplesso. “Io abito a una decina di chilometri da qui, percorro ogni giorno quella strada, ma non ho mai visto nessun cartello del genere.”
Marlene non sapeva che cosa pensare. I quattro adulti a bordo del pulmino avevano chiaramente visto i cartelli; in quel momento suo padre e suo marito si trovavano in una stazione di servizio che avevano oltrepassato prima di raggiungere l’ospedale e, appena fossero tornati, avrebbero chiesto loro conferma.
I due uomini arrivano tardi perché si erano persi. “Facevano affidamento su quei cartelli, e pensavamo di seguirli ancora, ma non li abbiamo più trovati”, le spiegò suo padre.
Il giorno dopo Marlene telefonò alla polizia di Rock Springs, ma l’ufficiale che le risposte non fu in grado di fornirle alcuna spiegazione. “In quella zona non ci sono mai stati cartelli che indicano la strada per l’ospedale”, fu l’unica risposta che riuscì ad ottenere.
Con l’aiuto delle medicine anti convulsive, Emily vivere oggi un’esistenza felice e tranquilla. I membri della chiesa di St. Paul la considerano una bambina miracolata, e molti di loro cercano di percorrere il più possibile quella strada; nessuno mette in dubbio che si tratti di terreno benedetto.
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